Famiglia - Pietre d'inciampo Milano

Famiglia Levi Viterbo

Pietra in Via Donatello 26
Richiesta da Paola Vita Finzi

I coniugi Aldo Levi e Elena Viterbo, Archivio Fondazione CDEC

Aldo Levi


Nato il 16/03/1898 a Torino
Arrestato a Como il 04/12/1943
Morto a Auschwitz il 28/02/1945

Motivo dell'arresto: persecuzione razziale

I coniugi Aldo Levi e Elena Viterbo, Archivio Fondazione CDEC

Elena Levi Viterbo


Nato il 20/08/1900
Arrestato a Como il 04/12/1943
Morto a Auschwitz

Motivo dell'arresto: persecuzione razziale

Italo Gustavo Levi con la madre Elena e Paola Vita Finzi, Archivio Fondazione CDEC

Italo Gustavo Levi


Nato il 04/11/1931 a Milano
Arrestato a Como il 04/12/1943
Morto a Auschwitz il 28/02/1944

Motivo dell'arresto: persecuzione razziale

Emilia Amalia Levi


Nato il 03/12/1938 a Milano
Arrestato a Como il 04/12/1943
Morto a Auschwitz il 26/02/1944

Motivo dell'arresto: persecuzione razziale

Pietra in Via Donatello 26
Richiesta da Paola Vita Finzi

In sintesi

La famiglia Levi, di origine ebraica, vive a Milano ed è composta da Aldo, la moglie Elena Viterbo e i loro due figli Italo Gustavo ed Emilia Amalia. Le leggi razziali sanciscono l’espulsione dalla scuola per Italo e la perdita del lavoro per Aldo. Dopo l’8 settembre 1943 e l’inizio della persecuzione delle vite i Levi decidono di provare a scappare in Svizzera, ma vengono arrestati appena giunti alla stazione di Como. Detenuti a Como sono poi deportati a Fossoli e da qui, con il convoglio n. 27 del 22 febbraio 1944, ad Auschwitz. Uno dei tanti tentativi falliti di fuga in Svizzera in cui i documenti restituiscono soprattutto il tentativo di Aldo Levi di arginare, con la forza delle parole, un mondo che si stava sgretolando.

Verbale di arresto della famiglia Levi ,4 dicembre 1943 (particolare)
Archivio di Stato di Como, Fondo Questura, Cittadini di origine ebraica e confische ai loro danni, b. 642, fasc. Aldo Levi

La famiglia Levi

“Così morí Emilia, che aveva tre [in realtà 5] anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell’ingegner Aldo Levi di Milano, che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte” Primo Levi ricorda così la famiglia Levi nel primo capitolo di Se questo è un uomo.

Il censimento rivolto ai soli ebrei dell’agosto del 1938, prima tappa del lungo iter della legislazione razziale italiana, descriveva una famiglia come tante. Aldo Levi era nato a Milano nel 1898 da una famiglia di origine piemontese e aveva combattuto durante la Prima guerra mondiale ottenendo una croce al merito. Era lui stesso a parlarne in una lettera al Ministero dell’Interno del I dicembre 1938: “il nonno e il padre furono ambedue  funzionari dell’amministrazione statale, rispettivamente ispettore principale e ispettore capo delle Ferrovie dello Stato” e riferendosi al proprio ruolo come tenente di fanteria aggiungeva: “durante e dopo il servizio attivo [il sottoscritto]  ha avuto continue attestazioni di apprezzamento e di plauso dai suoi superiori fino ad essere prescelto per portare la bandiera del 277 fanteria in Trento riconquistata”[1]. Aldo si era laureato al Politecnico di Torino in ingegneria ed era poi tornato a Milano nel 1930 con la moglie Elena Viterbo di origine torinese. Elena per un breve periodo aveva lavorato come maestra alla scuola ebraica di via Eupili. Alla fine del 1931 era nato il primo figlio, Italo Gustavo, ed è probabile che Elena abbia smesso allora di lavorare; nel censimento del 1938 risultava infatti casalinga.  Gustavo, nome del nonno materno, venne dato dopo il nome Italo; il bambino era nato proprio il 4 novembre, giorno dell'anniversario della vittoria della Prima guerra mondiale, vittoria a cui anche Aldo aveva dato il suo contributo. Nel 1935, dopo aver ricoperto altri incarichi, Aldo venne assunto dal Comune di Milano come capo dei servizi elettrici.
Le leggi razziali

Dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali, nel settembre del 1938, Italo fu espulso dalla scuola Leonardo da Vinci; iniziò così a frequentare la sezione della scuola ebraica che venne aperta con orario pomeridiano in via della Spiga.  Aldo venne licenziato dal Comune di Milano e radiato dall’ordine degli ingegneri di Torino. Il 3 dicembre nacque Emilia. Il 7 dicembre Aldo scriveva al Ministero dell’Interno a Roma chiedendo di poter avere un aiuto in casa spiegando che i parenti vivevano tutti a Torino. Da allora in poi Aldo fece regolarmente richiesta, allegando ogni volta un certificato medico che attestava le precarie condizioni di salute di Elena, per ottenere di avere almeno per qualche ora al giorno l’aiuto di una donna di servizio “ariana”.

Nel 1941, dopo più di due anni di disoccupazione Aldo trovò un nuovo lavoro presso la ditta Cetti, attiva nel settore dell’edilizia civile. In quegli anni difficili si creò probabilmente un rapporto di fiducia tanto che Aldo, dopo l’arresto, diede il nome dell’Ingegner Giuseppe Cetti come persona fidata che avrebbe potuto aiutarlo in caso di necessità.  Non ci sono altre notizie di questi anni ma è facile immaginare che le difficoltà fossero aumentate con una nuova nata in casa e due anni di disoccupazione. La guerra contribuì a rendere tutto più complesso. A causa dei bombardamenti, sempre più frequenti a Milano, Elena sfollò con i bambini a Lodi mentre Aldo rimase a Milano a lavorare.
L’8 settembre: il tentativo di fuga, l’arresto, Como

Al momento della firma dell’armistizio e dell’occupazione nazifascista dell’Italia la famiglia era separata. Elena e i bambini furono arrestati dai Carabinieri e rinchiusi nel carcere di Lodi per due settimane. Rilasciati tornarono subito a Milano. La scelta di espatriare sembrava l’unica speranza di salvezza.

I Levi vennero arrestati il 4 dicembre 1943 appena scesi dal treno alla stazione di Como Lago. Sia Aldo che Elena vennero sottoposti ad interrogatorio: “Non avevo intenzione di espatriare - affermò Aldo - ma di ritirarmi con la mia famiglia a vivere in un paesetto in montagna. A questo scopo sono partito questa mattina da Milano ma appena giunto a Como sono stato fermato da una pattuglia di militi confinari”.  Elena confermò la versione del marito: "ci siamo allontanati da Milano nell’intento di rifugiarsi in qualche paesetto di montagna per sottrarci a un eventuale arresto”[2]. La milizia confinaria non aveva però alcun dubbio sul vero motivo del viaggio dei Levi.  Il 12 dicembre 1943, pochi giorni dopo l’arresto la Guardia nazionale repubblicana della zona di Como mandò infatti una relazione al capo della provincia di Como illustrando il proprio lavoro: “E’ così che la corsa verso il confine degli ebrei, che con la fuga nell’ospitale terra elvetica, tentano di sottrarsi alle provvidenziali e lapidarie leggi fasciste, è ostacolata dalle vigili pattuglie della Guardia Nazionale Repubblicana che indefessamente, con qualsiasi tempo ed in qualsiasi ora, vigilano per sfatare ogni attività oscura e minacciosa di questi maledetti figli di Giuda”[3]. Si segnalava che grazie a questo rigido controllo erano stati arrestati ben 58 ebrei, fra cui venivano citati anche i Levi. Lo zelo italiano ha dato un contributo fondamentale alla Shoah.

Ai Levi vennero requisiti tutti i beni: soldi e qualche gioiello, compresa la fede nuziale. Le pratiche per la requisizione dei beni confiscati al momento dell’arresto si sarebbero concluse soltanto nell’estate del 1944, quando ormai tre di loro erano già stati uccisi; la persecuzione è stata infatti non solo contro le persone, ma anche contro tutto ciò che esse possedevano.

Aldo, Elena ed Emilia vennero poi condotti al carcere di Como mentre Italo, in considerazione della sua giovane età, venne accolto presso l’opera don Guanella “Casa della Divina provvidenza” dal rettore Don Nazareno Pompili. Questi, in una lettera ai parenti scritta dopo la fine della guerra, ricordava che era stata la madre a non volersi separare dalla bambina e racconta dei giorni che Italo aveva passato presso di loro: “era un ragazzo di una bontà singolare: veniva volentieri nella mia camera, ove gli facevo leggere i profeti, specialmente Geremia, che sembrava parlasse dei tempi che viveva Italo [..] Il pomeriggio conducevo il ragazzo a passeggio in città dove gli feci vedere i più bei monumenti”[4].
Il campo di Fossoli e la deportazione

Poche settimane dopo un agente carcerario si recò a prendere Italo - racconta sempre don Guanella - senza dargli neanche il tempo di raccogliere le sue cose; i genitori e la sorella vennero prelevati da carcere e tutta la famiglia fu trasferita nel campo di concentramento di Fossoli, in provincia di Modena. Aldo scrisse da qui molte lettere per provare almeno a ritrovare dei punti di riferimento in una quotidianità ormai stravolta.

Ringraziò prima di tutto don Pompili delle attenzioni che aveva avuto verso il figlio e aggiungeva: “colgo l’occasione per pregarla di spedirmi la maglia in lana e le mutande che Italo ha lasciato costì: appena ricevuto il cambio sarà mia cura restituire il cambio da voi prestato”[5]. Il 30 dicembre scriveva poi due lettere al Questore di Modena: nella prima chiedeva un aiuto economico per poter comprare vestiti pesanti e cibo per i figli poiché era totalmente privo di risorse. Nella seconda domandava che gli fossero restituite le valigie sequestrate a Como: c’era bisogno di tutto nel campo, era pieno inverno e mancavano i vestiti, ma per Aldo era soprattutto fondamentale che il figlio continuasse a studiare “nella borsa da viaggio sono libri e quaderno che consentirebbero al figlio Italo di mantenersi in esercizio con lo studio”. Aldo spiegava ancora: “Nella busta interna della valigia, a riconoscimento della proprietà non altrimenti indicata, potranno essere trovati l’attestato di laurea rilasciato a mio nome dal politecnico di Torino e i brevetti delle decorazioni di guerra”[6]. Simboli di una vita fatta di studio e lavoro, ponte fondamentale con il passato che avrebbero forse potuto essere utili per la nuova vita in Svizzera.
Auschwitz

Al Campo di Fossoli arrivò anche Margherita, sorella di Elena, con il marito Salvatore Levi e la figlia Donatella. Il 26 febbraio Margherita scriveva ad una conoscente: “dal 14 u.s. siamo in questo campo; Aldo, Elena e i bimbi erano qui sino a pochi giorni fa; non sappiamo dove si trovino ora”[7]. Aldo, Elena e i bambini erano in viaggio verso Auschwitz, il loro convoglio era infatti partito il 22 febbraio. Ancora una volta è Primo Levi che, nella deposizione fatta in occasione del processo contro Friedrich Bosshammer, ricorda i particolari di questo viaggio: tutti i deportati la mattina del 22 febbraio furono trasferiti in pullman da Fossoli alla stazione di Carpi e obbligati a salire nei vagoni in ordine alfabetico. Nel vagone dei Levi, proprio perché c’erano alcuni bambini, oltre all’unico secchio per i bisogni c’erano alcuni vasi da notte; ancora una volta gli oggetti raccontano un’infanzia tragicamente negata. Unico cibo pane e marmellata, anche per i più piccoli e gli anziani, che venivano consegnati una volta al giorno. Il convoglio arrivò ad Auschwitz il 26 febbraio; Elena, Emilia ed Italo furono uccisi all’arrivo, inutili come forza lavoro. Ad Aldo fu attribuito il numero di matricola 174518 e fu trasferito a Monowitz 3. Nei mesi successivi alla fine della guerra, nel lungo periodo delle affannose ricerche di informazioni sui parenti deportati, l’Ufficio ricerche della Comunità ebraica di Milano comunicò che, secondo una testimonianza di Primo Levi, Aldo sarebbe stato evacuato dal campo di Monowitz il 18 gennaio 1945. Queste sono le ultime notizie che abbiamo di lui.
Alessandra Minerbi

Archivi consultati:
  • Archivio centrale dello Stato, Roma, Ministero delle finanze, Servizio beni ebraici, b.5; Ministero dell’interno, Direzione generale Demografia e razza, divisione razza 1938-1944, fasc. Aldo Levi
  • Archivio Centro di documentazione ebraica contemporanea, Milano, Fondo Bosshammer, b. 5 fasc. 5
  • Archivio Comune di Milano, Fondo israeliti, fasc. 781
  • Archivio di Stato di Como, Fondo Questura, Cittadini di origine ebraica e confische ai loro danni, b. 642, fasc. Aldo Levi
  • Archivio di Stato di Como, Fondo Prefettura di Gabinetto, b. 109
  • Archivio di Stato di Milano, Fondo Prefettura, Gabinetto II serie, pratiche ebrei b. 24
  • Archivio Istoreto, b. CVB 256 fasc. 1315
  • Archivio scuola primaria Leonardo, Milano, archivio storico
  • Archivio storico San Paolo, Fondo Egeli, Pratiche nominative, b. 75
  • Archivio storico Ordine ingegneri di Torino, fasc.Aldo Levi.
  • Fondazione Istituto piemontese “Antonio Gramsci", Archivi personali, fondi personali, Levi Arian Giorgina, b. 69, fasc. 3

Note:
[1]  Lettera di Aldo Levi al Ministero dell’Interno del I dicembre 1938, ASMi, Fondo Prefettura, Gabinetto II serie, pratiche ebrei, b.24, fasc. Levi Aldo

[2] Deposizioni di Aldo Levi ed Elena Viterbo dopo l’arresto, Archivio di Stato di Como, Fondo Questura, Cittadini di origine ebraica e confische dei loro beni b. 642, fasci. Aldo Levi

[3] Lettera del 12 dicembre 1943 al capo della provincia di Como, in Archivio di Stato di Como, Prefettura di Gabinetto, b. 109

[4] Lettera di don Guanella alla signora Levi del 26 settembre 1946, Fondazione Istituto piemontese “Antonio Gramsci", Archivi personali, Fondi personali, Levi Arian Giorgina, b. 69, fasc. 3

[5] Lettera di Aldo Levi a don Guanella del 26/12/1944, Archivio Istoreto, b. CVB 256 fasc. 1315

[6] Lettere di Aldo Levi al Questore di Como del 30 dicembre 1943, Fondo Questura, Cittadini di origine ebraica e confische ai loro danni, b. 642, fasc. Aldo Levi

[7] Lettera di Margherita Viterbo a Maria del 26/2/1944, Istoreto, dossier Aldo Levi e famiglia Fossoli Monowitz b. CBV  256   fasc. 1315.  Anche Margherita e la famiglia furono deportati pochi giorni dopo e neppure loro sopravvissero alla Shoah. https://www.memoriaurbana.it/2023/04/12/levi-salvatore/




Documenti
Verbale di arresto della famiglia Levi ,4 dicembre 1943
Archivio di Stato di Como, Fondo Questura, Cittadini di origine ebraica e confische ai loro danni, b. 642, fasc. Aldo Levi
Interrogatorio ad Elena Levi Viterbo al momento dell’arresto 4 dicembre 1943.
Archivio di Stato di Como, Fondo Questura, Cittadini di origine ebraica e confische ai loro danni, b. 642, fasc. Aldo Levi
Interrogatorio ad Aldo Levi al momento dell’arresto 4 dicembre 1943.
Archivio di Stato di Como, Fondo Questura, Cittadini di origine ebraica e confische ai loro danni, b. 642, fasc. Aldo Levi
Registro della II C, classe frequentata da Italo nell’anno scolastico ‘36-’37; registro della III C nell’anno scolastico ‘37-’38, classe da cui Italo era stato cacciato a causa delle leggi razziali. Archivio storico scuola primaria Leonardo da Vinci, Milano