Dalle pietre d'inciampo alle biografie - Pietre d'inciampo Milano

Dalle pietre d’inciampo alle biografie

Le pietre d’inciampo, nate come monumento alternativo e in polemica con la politica della memoria dominante, sono ormai ovunque accettate e riconosciute. Esse sono note al grande pubblico attraverso i social media, le visite guidate, i progetti didattici più di quanto non lo siano attraverso la ricerca storiografica e storica. Questo lavoro sulle biografie intende dare un contributo anche alla conoscenza storica che le pietre d’inciampo portano con loro.

Su ogni pietra di inciampo sono incisi, oltre al nome, i meri dati e i nudi fatti, quando si conoscono, relativi alla persona che si vuole ricordare: la data di nascita, quella di arresto, il primo campo di deportazione nell’est Europa, la data ed il luogo (quando è diverso dal primo campo di deportazione) di morte. Essi raccontano una storia sempre uguale di sopraffazione, deportazione, violenza, ma anche una storia sempre diversa, perché unica è la persona cui la pietra è dedicata, unica è la sua vita. Le pietre, come ha ben spiegato Salvatore Settis[1], rompono ogni demarcazione tra monumento e documento, dicono i fatti più elementari di una vita, ma sono anche un nodo memoriale che si collega ad altre, diverse ed uguali. Esse ci danno da un lato l’identità delle vittime e dall’altro la coralità di un destino. L’insieme delle pietre di una città è un monumento alle vittime ma al tempo stesso un documento sulla ferocia degli assassini, sulla perfetta organizzazione dei burocrati, sui silenzi degli spettatori. E’ certamente vero, come sostiene la studiosa norvegese Claudia Lenz, che le pietre hanno al centro gli individui e non gli avvenimenti[2], ma è altresì vero che la storia di ciascuno si lega alle storie di molti altri, che la vicenda individuale rimanda ad una vicenda più ampia, si intreccia con altre vite e con altre storie, è in qualche modo una cartina di tornasole su tanti aspetti della storia della città e più in generale della persecuzione nazifascista. La collocazione sulla soglia dell’ultima abitazione liberamente scelta richiama anche alla vita prima della deportazione e della privazione della libertà, fatta di relazioni, affetti, professione, scelte che è importante raccontare per dare dignità al singolo e che hanno avuto una fondamentale influenza su quello che è accaduto dopo.

Raccontare con cura ogni singola biografia, oltre i dati incisi sulla pietra, vuol dire ridare un’identità ad ogni persona, contro ogni processo di annullamento e spersonalizzazione voluto dai nazifascisti, ma anche restituire lo spessore storico alla sua vicenda che non è caratterizzata solo da quei dati ma da intrecci e percorsi molto più complessi.

 

Le storie della deportazione razziale

Attraverso le storie individuali delle pietre dedicate agli ebrei si ripercorrono aspetti diversi della persecuzione antisemita nell’Italia fascista; tutte sono dedicate al ricordo di persone uccise non per quello che hanno fatto ma per quello che erano, per “la sola colpa di essere nati”. Altra caratteristica specifica della deportazione razziale è che davanti ad alcune soglie ci sono più pietre che richiamano ai vari componenti di un nucleo familiare, gli ebrei andavano sterminati in quanto tali a prescindere dall’età o da qualunque altra considerazione. Dalle 120 pietre dedicate agli ebrei nel Comune di Milano è possibile ripercorrere in filigrana la storia della persecuzione razziale in Italia, le sue tappe, le sue caratteristiche. Ogni pietra ne rappresenta un piccolo e fondamentale tassello e tutte insieme costituiscono un affresco corale.

Tutti gli ebrei furono censiti, tappa fondamentale per la successiva schedatura ogni anno aggiornata; al momento dell’occupazione nazista e dell’inizio delle deportazioni, grazie al solerte lavoro delle prefetture e questure italiane erano noti i domicili di tutti gli ebrei. Ci sono poi tutti i documenti che raccontano dell’incontro tra il singolo perseguitato e la macchina persecutoria messa in atto dal regime: espulsioni da scuola e dal lavoro, richiesta di tenere personale di servizio “ariano”, ecc. Per alcuni, grazie anche agli archivi familiari, vi sono ricchi patrimoni documentari, per altri soltanto labili tracce per strappare all’oblio una storia.  Quasi la metà delle pietre ebraiche sono dedicate a persone che hanno cercato la salvezza in Svizzera, tra ottobre e dicembre 1943, quando era ormai chiaro che rimanere in Italia era troppo pericoloso. Quasi tutti sono stati deportati e sterminati ad Auschwitz Birkenau, unica tappa nell’est Europa.

 

Le storie delle deportazioni politiche

Molto più articolate e varie le vicende della deportazione politica perché in questo caso sono state quasi sempre le azioni degli uomini e delle donne a causare l’arresto e tutto quello che ne è seguito. Impossibile restituire la varietà di questa costellazione, ma proprio per questo è a maggior ragione importante un’attenta ricostruzione storica delle biografie: ci sono giovani operai che hanno maturato la loro scelta di opposizione al regime nei difficili giorni degli scioperi durante la guerra e ci sono uomini e donne che hanno compiuto un più lungo percorso di opposizione al regime, che hanno già conosciuto la prigione, il confino, la repressione fascista e la sorveglianza speciale. C’è chi ha scelto di aiutare i detenuti di San Vittore portando fuori e dentro informazioni, chi si è impegnata come staffetta. Ci sono membri dei partiti attivi durante la resistenza e anche coloro che sono stati deportati senza aver compiuto nessun atto di insubordinazione al regime, ma soltanto per essere parente di un antifascista o per un atto di pura solidarietà come aver donato la propria tessera annonaria ad una compagna in difficoltà.  Per alcuni dei deportati politici si ha a disposizione una grande quantità di documenti sia di carattere personale, in particolare lettere, sia prodotti dagli apparati polizieschi, per altri si hanno poco più delle informazioni riportate sulla pietra. Spesso i politici sono stati deportati in vari sottocampi del primo campo di arrivo, i loro percorsi di deportazione si intrecciano anche con le logiche di sfruttamento della manodopera da parte di nazisti e con le complesse e contraddittorie leggi dell’universo concentrazionario, le pietre raccontano anche questa storia.

 

Tante storie, una Storia

Per tutti, politici ed ebrei, gli archivi di Arolsen sono un documento fondamentale per capire date e dati dal momento della deportazione in poi. Un richiamo importante al fatto che il progetto di rifondazione dell’Europa voluto dai fascisti e dai nazisti era unico pur con tutte le differenze fra i vari tipi di deportazione, fra i sistemi concentrazionari, fra la storia e il destino di ogni singola persona.

 

Note:

[1] https://www.youtube.com/watch?v=iBofyn8y6v0&ab_channel=Pietred%27inciampoMilano

[2] C.Lenz, M. Eberson Degnæs, Ein norwegisches Sonderweg?   n S. Kavčič e altri, Steine des Anstosses. Die Stolperstiene zwischen Akzptanz, Transformation und Adaption, Metropol, Berlino, 2021